martedì 22 novembre 2011

Random

Buio. Note melancoliche, mai sentite ma familiari. Uno stato d'animo che mi ha accompagnata per anni, e dal quale ogni tanto è quasi confortante farsi riprendere. Lacrime spezzate. Sogni infranti. Il mio mondo in pezzi, mille e mille volte. Ha un che di liquido e poetico, poter ritornare a quella parte di me sapendo che c'è anche questa. Quella innamorata, che sta per sposare un ragazzo di cui guarda le foto nel cellulare la sera prima di dormire, come un'adolescente alla prima cotta.

Non sono mai stata brava a dare un senso o un titolo ai post. Mi piace scrivere random, senza interrompere il flusso dei pensieri o dargli una direzione.

"Io intanto scrivo, poi vediamo che direzione prende"
"Veramente dovresti prima darti uno schema, è così che si dovrebbe fare di solito"

Oh beh, e chi l'ha detto poi? A me è sempre piaciuto sparare parole a caso, persa nel flusso inarrestabile dei pensieri. Sono sempre stata così, incapace di contenere quello che affiora sulla punta della lingua. E quando sono costretta a tacere, è come se il peso delle parole non dette potesse farmi esplodere.

Zitta zitta, che è ora di crescere ed essere responsabile.

(chissà se ce la farò mai...)

giovedì 27 ottobre 2011

In bianco (di vino e vestiti)

Che poi certe sere escono così. Un bicchierino di prosecco, qualche canestrello. E i vestiti. Organza, raso, seta di ogni genere. Rami di fiori, punti luce. Forse sono solo le bollicine che parlano. Però mi piace farmi trasportare dalle bollicine. Mi rendono loquace. Stasera non so come va, ma le dita vanno da sole. Uscirà una schifezza. Chissà.

Non so nemmeno io cosa voglio scrivere. Mi mancano le parole. Non scrivo mai. Non mi piace. Vorrei avere fiumi di parole, come direbbe qualcuno. So solo che in un buchetto di scantinato, con le mani che mi urtavano il soffitto mentre mi cambiavo, mi sono sentita bella. Per un attimo non ho pensato alla mia faccia che non mi soddisfa mai. Ho accarezzato un ricamo, sollevato una gonna. Sono salita su una nuvola, e scendere mi è dispiaciuto. Cosa sono questi jeans? Non li voglio, sono nata per indossare tutto questo bianco. Tutta questa luce. Nient'altro. Non voglio nient'altro.

Sarà lui? Chissà. Voglio togliermi ogni dubbio, ma poi... Poi tornerò in quello scantinato, a guardarmi nello specchio sul soffitto, e a pensare che sì, sto bene da ogni angolazione, e tutti gli altri per quanto belli sono niente.

Quando il cuore ti indica la strada da percorrere, tutto il resto è niente.

lunedì 26 settembre 2011

Datemi un lavoro. Subito.

Trovarsi alle tre di notte a guardare Joey Potter nell'eterna scelta tra Peacy e Dawson NON è sano.

Guardare un'altra puntata del polpettone melodrammatico che ha accompagnato la mia adolescenza la sera dopo, recuperandola da una cartella che si chiama "cose di Vale", è ancora più folle.

Manco al call center m'hanno voluta. "Ma come, stanno prendendo cani e porci!!". Ah - ah. Questo sì che mi consola, grazie tante.

Sono un essere socialmente inutile, come ha detto il mio incoraggiante futuro marito.

Mi fa troppo schifo studiare ancora e lavorare con ridicoli contrattini a termine da due soldi.

Datemi un lavoro, e la possibilità di comprare una Guess subito, senza sentirmi in colpa se costa cinque euro in più rispetto a quanto avevo preventivato.

Autocompatimento mode on. Che palle.

lunedì 19 settembre 2011

L'estate sta finendo (e un anno se ne va)

L'estate sta finendo, e un anno se ne va, cantavano i Righeira. Ho sempre odiato questa canzone perché l'estate è la mia stagione preferita, e soprattutto perché il seguito della canzone, sto diventando grande, lo sai che non mi va, rimandava inequivocabilmente al mio compleanno, che per me ha sempre segnato la fine della stagione tanto amata. Quest'anno le future sposine come me hanno sognato questi giorni con crescente entusiasmo, pronte a tuffarsi nel vivo dei preparativi del lieto evento. Io no. Io ho fatto il bagno al mare fino a ieri trascinata per i piedi fuori dall'acqua dal mio futuro marito, facendo i capricci manco avessi cinque anni, ricordando i bei tempi delle labbra viola e delle mazzate prese da mia madre perché ero sempre l'ultima a uscire.

"Alessaaaaaaaaaaandraaaaaaaaaaa esci, ce ne stiamo andando!"
(labbra viola, denti tremens e dita raggrinzite) "Ancora cinque minuti, sto per uscire!"

Nel mio linguaggio bimbesco, sto per uscire significava "vatti a fare un giro, ci vediamo tra una mezz'oretta", ma mia madre non l'ha mai capito e le manate a cinque dita sulla chiappa non me le ha mai risparmiate. C'est la vie.

Comunque, la sostanza è che l'estate sta finendo per davvero, e non ne ho proprio voglia. Non ho voglia di mettermi a organizzare il matrimonio, non ho voglia di studiare, non ho voglia di lavorare, detto in semplici parole, non ho voglia di fare un cazzo.

Voglio solo restarmene cristallizzata in una giornata con il sole alto nel cielo azzurro, trentacinque gradi e il mare modello tavola da surf, su una spiaggia sulla quale soffia una lieve brezza, con un pacco di tarallini e un bikini dai colori sgargianti.

martedì 6 settembre 2011

Tutto intorno a te

Al resto del mondo, a meno che non ti chiami William o Kate, del tuo matrimonio e dei matrimoni altrui in generale non frega un tubo, ed è giusto così.

E invece per le spose ruota tutto intorno al matrimonio, ma non al matrimonio in generale. Esclusivamente intorno al proprio.

Così l'amica che decide di sposarsi dopo di te ma prenota prima diventa improvvisamente una stronza, anche se la conosci da anni e avete condiviso tutto. Se osa anche solo provarsi un abito che a te è piaciuto guardandolo su un catalogo, inizi a dubitare della sua amicizia. Se poi si azzarda addirittura a scegliere le tue stesse partecipazioni/segnaposto/location/cazzilli vari prima di te la gente dirà che l'hai copiata, quando tu invece volevi tanto l'esclusiva, quindi è da radiare immediatamente dalla lista delle amicizie.

Se divento così anch'io, che qualcuno mi spari.

giovedì 18 agosto 2011

Cinica VS romantica

Il punto è che io sotto sotto sono una romantica di quelle inguaribili, con gli occhi a cuore e tutto il resto.
Sono una Bunny che quando guarda il suo Marzio ha pressappoco questa faccia:


Sono una ragazzina di quindici anni nel corpo di una donna (?) di ventotto.
E non sono sicura di volere che questa cosa cambi, cheseigrandeedevicrescere mi sta proprio stretto.

Il bello dell'esser grandi sono le cose che prima non potevi fare. Non potevi guidare da sola ascoltando la musica, con il vento che ti scompiglia i ciuffi di capelli sfuggiti al becco a forma di delfino che ti ha regalato lui, mentre passi Agosto a lavorare per mettere da parte i soldi per il viaggio di nozze nell'unico posto dove hai sempre voluto farlo, che manco a dirlo è il Giappone dei cartoni animati della tua infanzia (ma anche della tua adolescenza e della "maturità", ehm...).

E quando sento Jovanotti ripetere che "abbiamo fatto tutto, e tutto c'è da fare, che siamo ancora in piedi in mezzo a questa strada", lo stesso Lorenzo che ho sentito cantare abbracciata a lui appena una settimana fa (ok, l'ho detto, sono stata al concerto di Jovanotti, e m'è pure piaciuto), non posso evitare in alcun modo che una lacrima scivoli sul mio viso, che dopo quest'estate mezza disastrata, l'ultima estate ognunoacasasua della nostra vita, siamo davvero ancora in piedi.

E boh, che forse il cinismo è sempre stato la mia difesa naturale, la mia coperta di Linus, ma questa dimensione pucciosa che mi fa stringere il mio ragazzo ogni volta come se fosse la prima, che mi fa innamorare di lui ogni giorno, è quello che ho sempre voluto dalla vita.

venerdì 12 agosto 2011

La legge di Murphy

Dopo esserti sorbita ore ed ore di tutorial di trucco su youtube per imparare a uscire di casa in maniera quantomeno presentabile, l'unica volta che uscirai di corsa, senza trucco, con i primi vestiti trovati alla rinfusa nell'armadio e i capelli alla pazza, senza il tuo figo futuro marito, incontrerai il ragazzo per cui sbavavi a 15 anni (nascondendoti dietro agli occhialoni da sole per non farti riconoscere), che non ti ha mai filata, in compagnia dello stesso amico stronzo che ti pigliava per il culo.

Quando finalmente, dopo otto anni, ti deciderai ad andare a un concerto (non posso dire di chi altrimenti perdo il rispetto di Alice), gli unici due ragazzi sopra il metro e novanta saranno in piedi davanti a te, uno accanto all'altro, abbracciati, e si metteranno anche in punta di piedi, saltando di tanto in tanto, giusto per non farcene mancare nessuna.

Quando credevi che il tuo ragazzo avesse un problemino di salute, scoprirai che i problemini sono almeno tre, e che uno naturalmente ce l'hai anche tu. Se qualcosa può andar male, lo farà. Garantito.

Quando sei in macchina di corsa perché le tue simpatiche nuove colleghe ti hanno cambiato i turni di lavoro senza avvisare e la responsabile ti ha chiamata per chiarire l'equivoco, ti troverai sicuramente davanti, nell'ordine:

a) il vecchietto con l'ape;
b) la vecchietta con la cinquecento;
c) l'unico autoarticolato sulla faccia della terra che rispetta i limiti di velocità imposti agli autoarticolati.

Voglio delle ferie dalle ferie.

mercoledì 27 luglio 2011

I rischi del front-office

Ci sono persone che la mattina si alzano con l'intento di andare a lavorare. Ce ne sono altre che la mattina si alzano con l'intento di rendere la vita difficile al prossimo.

T'insegnano che devi essere sempre gentile, disponibile e sorridente, ma che succede se mentre parli con il tono più tranquillo e cortese del mondo uno se ne esce dicendoti tutto borioso: "Non diciamo fesserie!!"?

"Non diciamo fesserie!"
"Come prego? Le dicevo che abbiamo avuto un problema alla rete, ma ora dovrebbe essere risolto" 
"Ma io non riesco ad accedere!! Pago novecento euro di tasse e pretendo di collegarmi a Internet da qua! Deve farmi controllare l'e-mail, così vede!!" (per favore, magari)
"Questa è la sua password, con questa dovrebbe potersi collegare"
"Con questa non posso accedere!! Io penso di potermi far risolvere questo problema da lei!" (sbattendo la mia povera targhetta sulla scrivania)
"Veramente noi tutor non ci occupiamo dei problemi di rete, dovrebbe chiedere all'ufficio informatico"
"Mi dia il numero!!" (ha dimenticato ancora le paroline magiche, per favore)
"Senta io non sono un centralino, non ho il numero"
"La sua collega lo aveva!! Ha chiamato qua, ha chiamato là e non è riuscita a risolvere!!"
"Le ripeto che non ci occupiamo noi dei problemi di rete, non deve lamentarsi con noi"
"Qui fate tutti scaricabarile!!"
"Mi scusi, se lei deve comprare la frutta va dal macellaio e pretende che gliela dia?"
"Adesso andiamo, le faccio vedere che con questa password non accedo!!" (magari per favore e con calma, eh?)

Per fortuna a quel punto è intervenuto il responsabile (grazie al cielo, stavo per esplodere seriamente) che gli ha detto che il mio compito non è risolvere i problemi di account altrui, quindi di non prendersela con me. A quel punto il tizio è andato da solo a collegarsi con la password che gli avevo detto.

E le cose sono due:
  • - o lui è il nuovo messia informatico che compie miracoli telematici con la sola imposizione delle mani sulla tastiera;
  • - o più semplicemente, mi ha sbraitato contro per un quarto d'ora dandomi colpe per cose che non sapevo nemmeno di aver fatto (a momenti era colpa mia anche il buco dell'ozono) perché non riusciva a collegarsi per un errore (suo) di digitazione della password.

Credete che sia venuto a chiedermi scusa? A informarmi che la connessione finalmente funzionava? Risposta esatta: assolutamente no.

MA BRUTTO COGLIONE, SE PAGHI NOVECENTO EURO DI TASSE SIGNIFICA CHE PUOI BENISSIMO PERMETTERTI UN PIDOCCHIOSO PORTATILE E UNA PULCIOSA CHIAVETTA SENZA ROMPERE LE BALLE A ME CON LE TUE PRETESE, SE NON SEI CAPACE DI DIGITARE CORRETTAMENTE UNA PASSWORD RESTATENE A CASA TUA!!!

Questo era quello che avrei voluto dirgli , ma si sa, quando sei a un front-office da impiegata devi essere il più cortese possibile.

PS: Se per caso passi da qui e ti riconosci in questo post, sappi che ce l'ho proprio con te, cretino arrogante dei miei stivali.

martedì 26 luglio 2011

Bulimia bloggereccia

E poi ci sono gli attacchi di bulimia bloggereccia, che mi portano a scrivere anche un post dietro l'altro, perché un sistema di pensieri si è chiuso e se n'è aperto subito un altro. Incontinenza verbale, la chiama qualcuno. Ne soffro anch'io, e stasera sono in una fase acuta. Merito delle serate da sola, di facebook deserto (odio facebook ma non posso farne a meno, un po' come tutti, immagino) e di una canzone dei Placebo scelta a caso (improvvisamente mi è venuta voglia di ascoltarli), in una versione che non conoscevo ma che non mi piace molto. La canzone è Song to say goodbye, per la cronaca. Detesto essere criptica, rileggermi a distanza di mesi o anni, e non capire più cosa volevo scrivere.

Credo che quest'inclinazione alla scrittura di stasera sia dovuta al fatto che qualcuno si è preso una serata libera ed è andato a giocare a pallone con gli amici. Ma ha ragione. Dobbiamo recuperare un po' di spazi personali, specialmente ora che stiamo per sposarci (mi sposo davvero, ommioddiocheccavolomièsaltatoinmente). Anche se lui in estate è così... così... vivo. Così pieno di contorni, così concreto, così perfetto, così incredibilmente bello ai miei occhi, che staccarsi da lui diventa sempre più difficile. La sua pelle baciata dal sole ha un sapore così buono, che pensarlo lì senza di me paradossalmente me lo fa piacere ancora di più. Fantasticare su di lui come se fosse uno sconosciuto mi fa capire che possiamo spingerci ancora più in là, che non lo conosco così bene come credo, che lui è un mondo tutto da scoprire. Quel rosso estate che colora le sue guance mi fa restare qui inchiodata al pc a vomitare i pensieri che mi fa venire in mente (non tutti, altrimenti di rosso su questo post ci sarebbe anche il proverbiale bollino) desiderando ardentemente una sua chiamata, desiderando di sentire la sua voce, i suoi commenti al messaggio scemo che gli ho mandato qualche ora fa.

E mentre le note dei Placebo continuano a diffondersi nell'aria (stavolta con Twenty years), mi sa che vinco l'orgoglio e lo chiamo io, che anche se gioco a fare la forte sono sempre la solita donnina innamorata che non può fare a meno di sentirlo.

C'è speranza nell'incostanza?

Ah-ah, ho il titolo in rima!

Comunque.

Uno dei miei difetti peggiori è l'incostanza. Inizio qualcosa piena di entusiasmo, aspettative eccetera e poi la mollo a metà. Troppo impegnata a vivere la vita per fermarmi a raccontarla, dicevo una volta. Che da una parte è anche vero, visto che le ferie del mio ragazzo sono appena terminate e in questo periodo non ho scritto neanche una volta (avrei potuto? Non lo so). Ma gira e rigira sono sempre la solita, quella che sul blog ci scrive una volta ogni morte di papa.

Da adolescente non ero così, lo giuro. Avevo un diario vero, fatto di carta e inchiostro e non di bytes e html, un diario che aveva un nome e in cui ogni pagina iniziava con "Cara X" (X era il nome del mio diario, per indicare l'icognito... lo so lo so, ero strana forte a 15 anni), come se mi rivolgessi a qualcuno, a un'amica. Un diario che a volte rileggo, ma sul quale non scrivo da (oddio mi vergogno anche a scriverlo) qualcosa come quattro anni.

E poi sono un'asociale. Ho sempre scritto diari più per me stessa che per gli altri, per tener conto di sensazioni che altrimenti mi sfuggirebbero. O almeno, questa è l'intenzione di ogni volta. E invece toh, stavo per scrivere che non riesco mai a farlo, ma ho appena riletto alcuni post di un vecchio blog che mi hanno stupita. Una volta avevo un mondo dentro, avevo sensazioni e pensieri che dovevano necessariamente uscire, che premevano per venire allo scoperto. Adesso? Adesso non so più cos'ho, non esprimo, non analizzo, non metto nero su bianco. I miei post a volte mi sembrano quasi vuoti, privi di uno slancio autentico. Una volta ascoltavo anche più musica, il silenzio davanti al pc mi era intollerabile. Adesso invece è quasi la norma. Non riesco più a pensare a una canzone random. Ci metto un po' a scegliere la musica. Leggo meno libri, meno fumetti. Gioco meno con la playstation.

Non so com'è che sono finita a parlare di questo, non ne avevo intenzione, ma è in linea con il resto del post. La mia incostanza nel fare le cose. In ogni caso, nella testa ha iniziato a risuonarmi una canzone. Non so perché proprio questa, è una vecchia canzone alla quale non pensavo più da tempo, di quelle che quasi scordi che esistano, anche se un tempo ti sono piaciute tantissimo. E sono quasi soddisfatta, perché le parole stasera mi escono dalle dita senza controllo, vanno in una direzione tutta loro, si sono animate di vita propria come succedeva una volta.

In realtà è solo che adesso, adesso che avrei tanto di cui parlare, non mi escono le parole: ah-ah, questo è davvero in linea non solo con il post, ma addirittura con il titolo del blog. Le mie contraddizioni, la mia dipendenza dalle contraddizioni. Perché voglio continuare ad essere me stessa nel bene e nel male. Voglio che quella che discute di mutui e piani di ammortamento alla francese sia la stessa che ascoltava musica incazzata a tutto volume lanciando pensieri nel cyberspazio, come se qualcuno fosse davvero interessato a leggerli.

Ho letto blog di perfetti sconosciuti che mi hanno emozionata, commossa, fatta incazzare o sognare. E chissà se le mie parole hanno mai fatto altrettanto. Voglio credere di sì, sul vecchio blog ricevevo anche commenti tipo "adoro il tuo blog!", ma da brava stronza asociale non ho mai risposto. Ho sempre intrattenuto rapporti superficiali con gli altri blogger, e la cosa è... boh? Come qualificarla? Non lo so. So solo che sono così, estroversa al limite del fastidioso o introversa ai limiti dell'asociale. Non ho vie di mezzo. Bianco o nero. Contraddizioni, incoerenza e incostanza sono sempre state mie fedeli compagne.

Ma nonostante ciò non riesco a essere diversa, e neanche mi interessa. Chissà perché poi la gente fa tutta questa autoanalisi. O meglio, chissà perché la faccio io, da sempre. Chissà cos'è questo bisogno di essere conosciuta, capita fino in fondo. Forse perché il mio futuro marito è così saldamente ancorato alla realtà, mentre io invece sono così saldamente ancorata alle nuvole. Scendo a terra quando serve, ma per il resto del tempo è quassù che vorrei essere. Quassù, con le mie seghe mentali, a chiedermi se secondo Kant esisto se i venditori ambulanti sulla spiaggia non mi cagano nemmeno di striscio. A chiedermi che ci faccio nei ventotto anni, quando me ne sento al massimo sedici (venti, nei momenti migliori). A chiedermi se riuscirò a vivere da trentenne, da quarantenne, da madre, con tutto questo ciarpame pseudo inutile nella testa, con tutti questi pensieri vagamente deliranti ben piantati nel cervello in attesa di essere scritti.

Forse è proprio questo il senso del blog. O della mia intera esistenza, chi lo sa. Ai posteri l'ardua sentenza (mi faccio schifo da sola per la citazione di Manzoni, è banale, lo so, lo so).

lunedì 27 giugno 2011

Dai fuoco alla pioggia

Una birra antica e familiare, un cruciverba con le otarie, brie squagliato. Una riga di mascara viola, una matita argento che mi ingrandisce gli occhi. Un brindisi.

Al ventisette Giugno dell'anno prossimo. Al nostro matrimonio.

E io sono qui a mettere fuoco alla pioggia, a ordinare palette dagli intensissimi e improbabili colori (non vedo l'ora di truccarmi gli occhi di color verde alieno) sulla scia di una birra buona, di bollicine amiche che sanciscono il passaggio tra il ventisette Giugno di quest'anno e il ventisette Giugno dell'anno prossimo.

E mentre stamattina ero lì in giro a pensare che una parte di me amerà sempre i suoi diciotto anni, quel dramma dal quale ero così dipendente, quelle emozioni così forti da arrivare quasi a distruggermi, ora sono qui, dopo una giornatina niente male passata in gran parte sola e in minor parte con il mio futuro consorte, a pensare che le prime ore della giornata siano state niente, perché lui non c'era. A pensare che siano state bellissime, perché erano mie, mie con la consapevolezza che lui ci sarebbe stato, a un certo punto.

Perché ora posso essere serenamente me stessa, sapendo di poter tornare in un porto sicuro. Sapendo di potermi truccare di verde alieno, e di sentirmi sempre dire: "Amore, sei bellissima".

Meno un anno. Ufficiale.

giovedì 23 giugno 2011

Di caldo, smalti che se la tirano e fidanzati indovini

Ormai è ufficiale: sto per liquefarmi al suolo. Già mi vedo ridotta a un liquido denso e scuro che se ne cade giù nello scarico. Per ora è così che se ne sta andando la mia estate: giù nello scarico. Sono a metà tra l'appena scottato e il bianco mozzarella, e ci saranno quaranta gradi all'ombra. Non oso pensare alla temperatura che ci sarà il giorno del mio matrimonio. Sono tutta preoccupata per un'eventuale giornata di pioggia, e ho completamente trascurato il fattore caldo. Se fa una giornata come oggi, che faccio? Una giornata in cui i cammelli ti salutano per strada, il cielo è azzurro come una trapunta, non tira un alito di vento e l'umidità ti trasforma qualsiasi lembo di pelle nuda in colla a caldo. Io sarò là, infagottata nel mio bell'abito pesante chissà quanto (ho scoperto che i vestiti da sposa pesano, e ho il fiatone solo a pensarci), in giro per una città a cui oggi il Sahara faceva un baffo, in stupide pose plastiche a fare foto con la pancia vuota che brontola (e quando la mia pancia brontola, è sempre roba più che seria). Praticamente ci sono tutti i presupposti per trasformarmi in serial killer contro il povero fotografo (che essendo amico di famiglia e conoscendomi molto bene sta già cercando un escamotage per svignarsela). Manca ancora un anno. Stiamo calmi.

Intanto, con ai piedi il mio smaltino che se la tira (chi altri può indossare uno smalto che si chiama "L'unico e il solo"? Ah-ah, ho lo smalto snob!! - è un lilla, per la cronaca - ), stasera mi sono messa a filosofare con il mio futuro marito (che strano effetto scrivere marito, ancora devo rendermene bene conto). E boh, sarò scema io ma non riesco a condividere così facilmente le cose belle, ne sono gelosa. Abbiamo fatto un bel discorso sul significato dell'amore, su quello che proviamo l'uno per l'altra, sul nostro rapporto, su come abbiamo affrontato i problemi in questi quattro anni, su quanto ci cerchiamo ancora così affannosamente dopo tutto questo tempo (e per me una storia ancora così bella dopo quattro anni è un vero record). Stasera mi sono messa in modalità love love, ma non da adolescente, non come una volta. Questo non significa affatto che quello che provo sia meno intenso. Ho un amore maturo, un'armonia di coppia che non avevo mai avuto, una quotidianità fatta di gesti affettuosi e un fidanzato, anzi, un uomo che mi capisce. Che sa cosa sto per dire prima ancora che io pensi di dirlo. E mi rendo conto che una cosa così non si trova ogni giorno. Che ogni giorno mi chiedo se lo amo sul serio, se è proprio lui che voglio sposare, se sono disposta a passare il resto della mia vita con lui. E ogni giorno, la risposta è sempre la stessa.

La mia risposta è lui.

martedì 21 giugno 2011

Sei una cicciona senza speranze. Arrangiati.

Terranova, venerdì pomeriggio. Ispezione pre-saldi, che per me è diventata ormai un must (guarda la roba, segna a mente quello che ti piace e il prezzo, torna per i saldi, verifica la convenienza, chiediti se ti serve davvero). Bottino del giorno: una maglietta trascurabile, una gonna di jeans L e una gonna nera M.

Ora, la maglietta era davvero trascurabile, neanche mi piaceva granché quindi l'ho lasciata subito. La gonna di jeans L mi stava benissimo, il punto è che di taglie L ne avrò trovate due in croce, in mezzo a una marea di XS. E vabbè. La gonna nera l'ho dovuta provare in taglia M, la più grande disponibile, e anche questa, una delle pochissime M (che dovrebbe essere la taglia media, quella della maggior parte delle ragazze, o no?) nell'oceano di XS.

Citymoda, lunedì mattina. Un impegno alle 11, mezz'ora di tempo per cazzeggiare. Giro tra gli stand monomarca (cosa che personalmente detesto, ma giacchè c'ero...) e decido di provare un improbabile vestitino di una mai sentita (per me che sono digiuna di marche, magari invece è famosissima) Karen C. La taglia è 44. I miei fianchi non fanno neppure lo sforzo di entrarci, visto che ci resto letteralmente incastrata (chi altro può restare incastrata in un vestito da 150 euro un quarto d'ora prima di un colloquio di lavoro? Ah-ah!). L'anno scorso ho acquistato una gonna di jeans taglia 44 da Promod, e quest'anno mi sta larga. C'è qualcosa che non mi torna.

Forum matrimonio.it, mio personale croce&delizia, giorno imprecisato. Mi cade l'occhio su un articolo che insiste sul conoscere il proprio corpo per capire il tipo di abito più adatto al gran giorno. Vado dritta verso la taglia 46 (anche se sono dimagrita è un'abitudine troppo consolidata), pronta a leggere le solite cretinate (che non mancano, infatti) sul fatto che "se sei una cicciona senza speranze devi mettere assolutamente un orrendo abito stile impero per sembrare appena decente" (senza trascurare la magnifica e originalissima "se sei una cicciona senza speranze sposati in bianco ma con una microscopica borsa fuxia, la gente sarà tanto impegnata a sconvolgersi per la borsa che il fatto che sei una cicciona senza speranze passerà in secondo piano"), e mi trovo la foto di una ragazza al limite dell'obesità. Accanto alla scritta "taglia 46". Una ragazza quasi obesa, che avrà svariate taglie in più della 46. C'è qualcosa che decisamente non mi torna.

Ora, le cose sono due: o sono una cicciona senza speranze, o qualcuno qua sta pigliando per culo milioni di ragazze normali, convincendole di essere ciccione senza speranze.

sabato 28 maggio 2011

Può esplodere uno yogurt?

La risposta a questa domanda è: sì, uno yogurt può esplodere.

Colazione di qualche giorno fa, i soliti yogurt al kiwi e cereali. Ma a guardarli bene non sono i soliti, sono gonfi come palloncini troppo pieni d'aria. L'odore è un misto tra formaggio troppo stagionato e piedi tenuti in scarpe da ginnastica e calzini per una settimana di seguito.

Il sapore, beh, non ne ho idea, non ho avuto il coraggio di assaggiarli, neppure per scherzo.

Mia madre sconvolta prova ad aprirne uno, dopo una serie di mie esclamazioni del tipo: "Anche questo è così! Sì anche quest'altro!! Sono tutti così!!". Ne avrò tirati fuori dal frigo almeno cinque in quelle condizioni (appena comprati e con data di scadenza ben lontana da quella odierna). Dicevo dunque, che mia madre prova ad aprirne uno (non avrebbe dovuto: era sprovvista di maschera antigas), e lo sentiamo.

"Bum!!"

L'inconfondibile rumore di un'esplosione, per quanto in miniatura. Un bel "bum" forte e chiaro, un effetto sonoro niente male considerata la ridotta dimensione dell'esplosivo.

Ora, perché mi son messa a scrivere post su yogurt che esplodono? Non lo so neanch'io in realtà. Forse perché un po' li capisco, quei poveri yogurt. Loro non fanno parte di associazioni di volontariato con un paio di mine vaganti tra le reclute, non sono soci di una cooperativa con un presidente che li ha scambiati per segretari personali, non frequentano corsi con esami imminenti o quasi, non fanno i tutor all'università con un monte ore che appare interminabile, non hanno un altro contratto quasi identico al precedente da terminare entro la laurea che dovrebbe essere imminente, non hanno quattro esami e una tesi da scrivere sul groppone che sembrano la storia infinita, non hanno un fidanzato che li pressa per andare a vedere porte e cucine, non hanno un matrimonio da organizzare con una mamma che tenta di imporsi come unica wedding planner, ma mi gioco la tetta sinistra (argomento notevole, ve l'assicuro) che si sentono esattamente come me.

Sono lì lì per esplodere.

E poi la gente si sconvolge se dico che vorrei avere di nuovo 14 anni, anche solo per una settimana.

mercoledì 18 maggio 2011

Let's begin again

Ho un altro blog, su un'altra piattaforma. Da sette anni. Iniziava a starmi stretto, ci vedo una me che non riconosco più, persa tra le pieghe del passato. Ci vedo aspetti di me che quasi non ricordavo, che a volte trovo inconciliabili con quelli attuali, altre volte terribilmente familiari.

Perciò, ho deciso di aprire questo nuovo blog, proiettata verso una nuova me che ancora non conosco. Per accoglierla. Per amarla. Per ricongiungerla all'eterna adolescente che ero e che sono. Perché la me moglie e madre che verrà mi diventi cara quanto l'adolescente romantica proiettata nella folle avventura del matrimonio che mi aspetta.

E inizio questo blog con ciò che mi rappresenta meglio. Il mio primo ricordo, che non c'azzecca nulla con le due metà della mela che voglio riunire. Poche, splendide note che hanno viaggiato nella mia mente, ignare, nel corso degli anni. Che mi hanno provocato un pianto convulso risentendole, a distanza di un'epoca dalla volta precedente, note che hanno accarezzato la me bambina e che hanno ritrovato una me più che ventenne.