Che poi lo sapevo, che avrei smesso di scrivere. Il tran tran quotidiano quasi mi fa dimenticare chi sono, chi ero, persa in un lavoro che prende sempre più tempo, che mi succhia tutte le energie, fisiche e mentali. Ma adesso il mio corpo mi impone uno stop. O meglio, mio figlio mi impone uno stop.
Ebbene sì, quel qualcuno che avremmo fabbricato noi, come cianciavo nell'ultimo post, ora è qui nella mia pancia a dirmi cosa posso mangiare, quanto devo muovermi, come devono svolgersi le mie giornate. In realtà anche le nottate, visto che una corsa in tangenziale alle quattro del mattino non l'avevo mai fatta, o meglio, non certo per correre verso un pronto soccorso in preda al panico, con il timore che la vita di mio figlio stesse affogando nel sangue. E invece lui era lì, con il suo cuoricino che batteva forte, quasi indifferente a tutto il casino che ci aveva involontariamente creato.
E così eccomi qui, bloccata tra letto-divano-bagno per almeno una settimana, a vomitare i miei pensieri nell'etere come una volta. Pensieri che d'ora in poi (chissà, forse per tutto il resto della mia vita) saranno orientati verso mio figlio.
E quindi...
sabato 23 novembre 2013
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